Siamo andati ad intervistare l’Avvocato Marco Crema dello studio Legale Crema-Fiorio, esperto in diritto di Impresa e diritto Internazionale, sul tema Covid-19, al quale abbiamo chiesto quali tutele si prevedono per i Property Manager in questa situazione e quali atteggiamenti adottare nei confronti dei propri clienti proprietari di immobili.
- La causa di forza maggiore nella situazione di emergenza CORONAVIRUS e la dichiarazione di PANDEMIA possono tutelare i gestori di case vacanza e locazioni turistiche?
È evidente che il settore turistico prima e più di altri sta subendo l’impatto della diffusione epidemica del virus Covid-19 in conseguenza di numerose disdette delle prenotazioni e della drastica riduzione delle medesime che causano un azzeramento dei flussi finanziari mentre i principali costi rimangono fissi.
In particolare, nelle gestioni di case vacanza o nelle locazioni turistiche l’imprenditore normalmente sottoscrive un contratto di gestione o di locazione a lungo termine con i proprietari delle strutture immobiliari. Queste tipologie di contratti generano costi fissi (salvo nei contratti con pagamento in percentuale sul risultato della gestione) cui potrebbe risultare particolarmente complicato far fronte in assenza di entrate finanziarie.
A mio parere, tra le forme di tutela che gli imprenditori operanti nel settore possono invocare, vi è senza dubbio quella della risoluzione dei contratti per l’intervento di una causa di forza maggiore.
Il concetto giuridico di forza maggiore fa riferimento ad eventi incontrollabili, imprevisti ed imprevedibili al momento della sottoscrizione del contratto tali da rendere impossibile l’adempimento della prestazione. In genere, sono considerati eventi di questo tipo gli scioperi, le calamità naturali, le epidemie, gli atti terroristici e di guerra.
Nel diritto italiano la forza maggiore è disciplinata dall’art. 1467 del codice civile. La norma prevede che, in alcuni tipi di contratti, qualora la prestazione di una delle parti sia divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve eseguirla può richiedere la risoluzione del contratto. A propria volta, la parte contro la quale è domandata la risoluzione può evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto.
Per comprendere se nel caso concreto di un inadempimento contrattuale sia invocabile o meno la tutela di cui all’art. 1467 cc in conseguenza della diffusione della pandemia del coronavirus è necessario verificare i presupposti della straordinarietà e dell’imprevedibilità dell’evento.
Mentre il concetto di straordinarietà ha carattere oggettivo poiché risulta quantificabile in base all’intensità dell’evento, quello di imprevedibilità ha natura soggettiva poiché attiene alla possibilità che il debitore aveva di conoscere il fatto. L’esistenza del presupposto soggettivo deve essere valutata sulla base alla diligenza media di una persona nella stessa situazione.
Posto che a parere di chi scrive l’evento coronavirus può certamente integrare il requisito oggettivo di cui all’art. 1467, qualche dubbio potrebbe sorgere in merito all’esistenza del requisito soggettivo che deve essere valutato caso per caso, tenendo conto anche delle modalità con cui l’evento ha inciso sull’inadempimento e considerando altresì il comportamento della parte inadempiente una volta verificatosi l’evento stesso.
Risulta fondamentale infatti valutare se la parte inadempiente ha tempestivamente informato la controparte e se abbia adottato misure idonee ad arginare l’evento che ha causato l’inadempimento.
Concludendo, almeno in via teorica il coronavirus può essere considerato una circostanza di forza maggiore che consente per la parte inadempiente di richiedere la risoluzione del contratto. Nella pratica, si dovrà valutare caso per caso.
Va considerato però che il tipo di tutela che offre l’ordinamento qualora si verifichi una causa di forza maggiore è quello della risoluzione contrattuale. Di conseguenza, se da un lato l’imprenditore ottiene il vantaggio di svincolarsi senza colpa dagli obblighi del contratto di gestione o di locazione a lungo termine, dall’altro lato perde la possibilità di gestire l’immobile.
2) Qualora sia stato stipulato un contratto di locazione con facoltà di sublocazione per finalità di locazione turistica quali strumenti normativi si possono invocare (anche laddove nel contratto di locazione non sia espressamente prevista la forza maggiore)?
La prima cosa da verificare è se il contratto sottoscritto tra le parti preveda qualche clausola specifica che disciplini le conseguenze del verificarsi di un evento che determini l’eccessiva onerosità della prestazione o della sopravvenuta impossibilità della prestazione.
Qualora non vi fossero clausole di questo tipo nel contratto si potrà invocare la tutela offerta dal codice civile ed in particolare quella dell’articolo 1467 cc, che disciplina la forza maggiore, di cui ho detto prima, e dell’art. 1256 cc, che disciplina la sopravvenuta impossibilità della prestazione.
L’art. 1256 del codice civile prevede che qualora la prestazione diventi impossibile per causa non imputabile al debitore l’obbligazione si estingue. Se l’impossibilità è solo temporanea, il debitore finché essa perdura, non è responsabile del ritardo nell’adempimento. Tuttavia l’obbligazione si estingue se l’impossibilità perdura fino a quando, in relazione al titolo dell’obbligazione o alla natura dell’oggetto, il debitore non può più essere ritenuto obbligato a eseguire la prestazione ovvero il creditore non ha più interesse a conseguirla.
Lo squilibrio delle prestazioni, afferma la norma, deve dipendere da un evento straordinario (cioè un evento che statisticamente è poco frequente, con carattere di eccezionalità) e imprevedibile (deve essere cioè tale che i contraenti non lo avessero messo in conto, in base alle loro conoscenze ed esperienze).
A parere di chi scrive la diffusione di un’epidemia costituisce certamente evento statisticamente poco frequente ed eccezionale e che, quanto meno nei contratti stipulati fino alla diffusione delle informazioni sul virus, i contraenti non avevano messo in conto in base alle loro conoscenze.
Conseguentemente qualora una prestazione sia divenuta impossibile in conseguenza dell’evento coronavirus si potrà certamente valutare se nel caso specifico può essere invocata la tutela di cui all’art. 1256 cc.
È importante infatti tenere conto che l’art. 1256 cc disciplina anche l’ipotesi della temporanea impossibilità della prestazione. In tale caso il debitore non risulta responsabile nel ritardo nell’inadempimento. Ciò significa che i pagamenti ai proprietari potranno essere eseguiti in ritardo senza che siano dovuti interessi di mora e senza che questi possano richiedere la risoluzione per inadempimento.
3) I gestori di casa vacanza e locazione turistica hanno diritto di rinegoziare le condizioni contrattuali qualora la situazione di mercato cambi rispetto a prima dell’emergenza COVID-19? (come d’altronde è ipotizzabile accada) Es. rinegoziazione del canone di locazione che ora si basava su un mercato pre-COVID 19
Ancora una volta si deve verificare in primo luogo se il contratto con i proprietari degli immobili prevede qualche clausola che contempli tale possibilità e in quali casi. Laddove non vi fossero previsioni ad hoc, la domanda di rinegoziazione delle condizioni contrattuali è sicuramente lecita, ma rimane facoltà dell’altra parte aderire o meno alla richiesta.
La circostanza è confermata anche nell’ipotesi in cui venga richiesta la risoluzione per causa di forza maggiore. L’art. 1467 cc prevede infatti che la parte contro la quale è domandata la risoluzione può evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto. Rimane infatti una facoltà dei proprietari degli immobili quella di modificare le condizioni contrattuali.
4) I proprietari che hanno affidato la gestione dell’appartamento a un property manager mediante mandato ancora in essere, quindi non con contratto di locazione, hanno diritto alla risoluzione?
Oltre alle ipotesi di risoluzione previste dalla legge altre possono essere disciplinate contrattualmente. Se parliamo di risoluzione in conseguenza dell’inadempimento, i proprietari possono certamente richiederla. Ritengo però si debba valutare caso per caso se l’inadempimento può essere giustificato da un’impossibilità temporanea della prestazione. In tale ipotesi, come sopra detto l’inadempimento non comporta responsabilità nel ritardo del pagamento.
5) Il decreto CURA ITALIA prevede delle tutele per questa categoria?
Il DL n. 18/2020 ha previsto, oltre alle misure per il potenziamento del sistema sanitario, anche una serie di iniziative per il sostegno economico alle imprese, famiglie e lavoratori.
Tra le misure a tutela delle piccole e medie imprese previste dal decreto rilevano a mio parere quelle che norme che consentono la sospensione dell’adempimento di alcune obbligazioni pecuniarie.
In particolare, il comma 2 dell’art. 56 del DL. 18/20 prevede:
Al fine di sostenere le attività imprenditoriali danneggiate dall’epidemia di COVID-19 le Imprese, come definite al comma 5, possono avvalersi dietro comunicazione – in relazione alle esposizioni debitorie nei confronti di banche, di intermediari finanziari previsti dall’art. 106 del d.lgs. n. 385 del 1° settembre 1993 (Testo unico bancario) e degli altri soggetti abilitati alla concessione di credito in Italia – delle seguenti misure di sostegno finanziario:
a) per le aperture di credito a revoca e per i prestiti accordati a fronte di anticipi su crediti esistenti alla data del 29 febbraio 2020 o, se superiori, a quella di pubblicazione del presente decreto, gli importi accordati, sia per la parte utilizzata sia per quella non ancora utilizzata, non possono essere revocati in tutto o in parte fino al 30 settembre 2020;
b) per i prestiti non rateali con scadenza contrattuale prima del 30 settembre 2020 i contratti sono prorogati, unitamente ai rispettivi elementi accessori e senza alcuna formalità, fino al 30 settembre 2020 alle medesime condizioni;
c) per i mutui e gli altri finanziamenti a rimborso rateale, anche perfezionati tramite il rilascio di cambiali agrarie, il pagamento delle rate o dei canoni di leasing in scadenza prima del 30 settembre 2020 è sospeso sino al 30 settembre 2020 e il piano di rimborso delle rate o dei canoni oggetto di sospensione è dilazionato, unitamente agli elementi accessori e senza alcuna formalità, secondo modalità che assicurino l’assenza di nuovi o maggiori oneri per entrambe le parti; è facoltà delle imprese richiedere di sospendere soltanto i rimborsi in conto capitale.
Merita una particolare menzione il contenuto di quanto previsto al comma 5 del medesimo articolo, in base al quale, al fine dell’ottenimento a) della proroga dei prestiti su anticipi o delle aperture di credito a revoca, b) della proroga della scadenza di rimborso dei prestiti non rateali, c) della sospensione del pagamento delle rate di mutuo o di leasing, è sufficiente che l’impresa predisponga una comunicazione al soggetto che ha erogato il finanziamento o alla società di leasing, con cui autocertifichi di aver subito in via temporanea carenze di liquidità quale conseguenza diretta della diffusione dell’epidemia da COVID-19.
Si tratta certamente di una misura di particolare rilievo in un periodo in cui i flussi finanziari di molte aziende risultano essere state drasticamente ridotti o addirittura interrotti.
6) Quale consiglio può dare come legale ai gestori di case vacanze e locazioni turistiche nel rapporto coi proprietari?
Premesso che è opportuno valutare caso per caso e verificare se vi siano effettivamente i presupposti per invocare le tutele offerte dal codice civile, però in linea di principio riterrei doveroso intervenire tempestivamente con una missiva indirizzata ai proprietari con cui si comunica la sospensione dei pagamenti in conseguenza della temporanea impossibilità sopravvenuta della prestazione.
Certo è che ritengo auspicabile l’instaurazione di un proficuo dialogo con le controparti finalizzato a concordare volontariamente delle modifiche ai rapporti contrattuali.
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